
L’antica eleganza delle tradizionali case giapponesi
Il Giappone dopo la Seconda guerra mondiale ha subito una grande rivoluzione culturale. Perdendo gran parte delle proprie tradizioni, e trasformandosi in un Paese industriale e urbano. Grattacieli, centri commerciali e autostrade ovunque. Ma c’è un antico modello architettonico che ancora continua a persistere: quello delle case tradizionali.
Ognuno di noi, grazie ai film e ai cartoni animati, conosce queste abitazioni che sembrano costruite interamente in carta e legno. Con le pareti scorrevoli, e che sembrano quasi non arredate. Ma in pochi conoscono effettivamente com’è strutturata nel dettaglio un’abitazione di questo tipo. Che coniuga raffinatezza e funzionalità.
Gli elementi principali
Le case tradizionali giapponesi sono pensate per adattarsi a vari climi. E prevedono dei componenti fissi. Che vengono costruiti modellandoli sulla struttura principale. Questa struttura è composta da un’intelaiatura di travi di legno, in cui vengono inserite le pareti esterne dell’abitazione. E poi quelle interne, scorrevoli (shoji), composte da pannelli di legno e strati di carta di riso. Che isolano bene dall’esterno.
Lo spazio interno è ben delimitato, e soprattutto pratico. Pochissimi orpelli: ogni ripiano, o mobile, è direttamente costruito nella struttura, e riparato da piccole pareti a scorrimento. In questo modo lo spazio è ampio e non c’è ingombro.
L’organizzazione della casa
Lo sviluppo dell’abitazione va dall’interno verso l’esterno. La stanza che corrisponde alla nostra cucina è quella dove si trova l’irori. Una specie di caminetto interrato che serve sia per riscaldare la casa, sia per cucinare. E che solitamente viene costruito nella stanza centrale dell’abitazione.
Poi ci sono le stanze “cerimoniali”. Il tokonoma, una stanza in cui il pavimento non è coperto dai tatami ma è interamente in legno rialzato, e in cui si custodiscono stampe, fiori e ceramiche. E la sala da tè, che solitamente si trova nel giardino, dove di solito avviene la tradizionale cerimonia.
Altra parte tradizionale della casa è ad esempio l’engawa. Un corridoio esterno, coperto da una tettoia, che percorre tutto il perimetro della casa. E che rappresenta il collegamento fra spazio interno e spazio esterno. D’estate rimane aperto, e funge da veranda. In Inverno, spesso, viene chiuso anch’esso da pareti mobili di carta di riso e legno.
L’ingresso alla casa avviene attraverso il doma: un piccolo sentiero sterrato che porta all’abitazione, dove vengono lasciate le scarpe dei visitatori prima di entrare. Le stanze da letto possono essere svariate, ma ognuna all’apparenza sembra un piccolo salottino. I letti pieghevoli utilizzati per dormire, infatti, sono riposti nelle pareti, e vengono tirati fuori solo la sera.
Uno spazio che si adatta alla natura
Il concetto principale che i monaci buddisti tentavano di trasmettere era che l’uomo dovesse adattarsi alla natura. Vivere in equilibrio fisico e spirituale con essa. Per questo nei periodi Muromachi e Momoyama vennero pensate queste abitazioni.
Il loro scopo è quello di creare uno spazio vitale per l’uomo in modo che possa vivere la sua dimensione spirituale. Il minimalismo e la semplicità negli oggetti era una regola ferrea. Il che si può notare anche nei colori delle abitazioni, sia interni che esterni.
Tutto è naturale, tutto è semplice. E soprattutto mutevole: le pareti esterne in estate vengono rimosse per consentire un’areazione maggiore della casa, e per godere della bellezza della natura esterna. Trasformando quindi la casa in una sorta di tenda.
Immagini: Copertina